Il Culatello come una volta

Il culatello come una volta

Su questo motto abbiamo basato i nostri 35 anni di lavoro al Leon d’Oro.

Perché non ci sono più le carni di una volta, non ci sono più gli inverni con le nebbie da tagliare col coltello, le giornate rigide con le stalattiti di ghiaccio che scendono dai tetti, né le estati calde che gli unici essere viventi che hanno il coraggio di proferire suoni sono le cicale.

Tutto cambia e tutto si evolve.

L’unica costante immutata nel tempo per il Culatello è la pazienza.

La pazienza di aspettare che sia finalmente pronto.

Se qualche decennio fa bastavano due estati perché il Culatello fosse pronto al taglio, adesso ci vogliono anche due inverni.

Cambiano le carni, cambia l’alimentazione del maiale, cambiano le lavorazioni: sé il norcino lavora la carne a caldo e basta una mezza giornata di sale perché il Culatello sia pronto per essere insaccato nella vescica, nelle moderne produzioni artigianali, per forza di cose, le carni vengono lavorate a freddo e il sale deve rimanere a contatto con la coscia dieci giorni.

Il Culatello come una volta è quindi un motto che vuol significare che cerchiamo di fare del nostro meglio affinché il Re dei salumi rimanga tale.

Mario, perché quando i clienti dicono andiamo a mangiare il Culatello, dicono andiamo Da Mario, li cura come figli propri. Scende in cantina e già dal primo respiro capisce se c’è qualcosa che non va. Troppa umidità, troppa muffa non nobile e bisogna asciugare creando un po’ di aria corrente. Troppe farfalline allora bisogna spazzolare per bene i Culatelli e alzare le corde. Tutte astuzie che si imparano dai propri errori e fidandosi del proprio naso.

E poi, la vera mano da maestro, sta nella pulitura prima del taglio, Lì non bisogna avere paura di tagliare grasso rancido e tirar via carne magra secca perché basta una impurità per far cambiare sapore alla fetta quando verrà tagliata dall’affettatrice, ma allo stesso tempo si deve stare attenti perché se il coltello scappa basta un niente per rovinare il Culatello.

Molti ci dicono che il Culatello è caro.

Certo non costa poco. Infatti auspichiamo sempre la visita alla nostra cantina prima che il cliente metta le gambe sotto il tavolo perché in questa maniera può capire meglio il lavoro che c’è dietro ed apprezzerà un po’ di più quello che ha nel piatto.

Norcino, vocabolo che deriva da Norcia, è un termine che non trova riscontro nel lessico dialettale locale. Da queste parti si chiama “Masalèn”.

In inverno, di buon mattino, arriva con i suoi attrezzi, un breve saluto a quelli di casa e via ad uccidere “l’animale”. Comincia da questo momento il lungo momento che trasforma l’animale in cibo per la famiglia da consumarsi durante l’intera annata. Senza perdersi in chiacchiere il norcino, coadiuvato da quelli di casa, dopo le prime operazioni di lavaggio, impicca l’animale. Con pazienza separa i vari tagli: la coppa, la spalla, la pancetta, il fiocchetto ed il Culatello, la carne per il salame e quella per il cotechino.

Nel frattempo le donne di casa preparano la torta di sangue del maiale e cuciono i budelli entro cui saranno insaccati i vari salumi. Il tutto secondo un rituale che non concede spazio alla distrazione: un pizzico di sale in più e i salumi sono troppo saporiti, un fuoco troppo allegro e addio alla cicciolata, un colpo di coltello maldestro e si compromette il Culatello, salume sul quale i norcini si giocano la reputazione. Scena finale: salami, cotechini, spalle, Culatelli, fiocchetti, coppe, pancette, preti che penzolano dai pali appesi alle travi di casa. Il Culatello si ricava dalla coscia del maiale allevato in zona a farina di mais e siero. La coscia disossata viene salata e massaggiata energicamente poi lasciata riposare per una decina di ore, un nuovo massaggio e poi un nuovo periodo di riposo. La carne viene successivamente insaccata nella vescica del maiale e legata ben stretta. Il vero segreto per ottenere un buon Culatello sta, oltre che nella concia, nella stagionatura. Alla fragranza e all’inimitabilità del prodotto concorrono sicuramente le nebbie autunnali e le afose estati della Bassa; ma il perché al di qua del Po si riesca ad ottenere il Culatello, mente, per esempio, sulla sponda cremonese non lo si riesca a produrre e ancora di più a stagionare, rimane un mistero. L’umidità pare che sia la componente fondamentale per una buona stagionatura. Non si potrà mai, per esempio, pensare di ottenere un buon Culatello nelle asciutte, asettiche cantine delle nuove case, ci vogliono quelle vecchie, meglio se con pavimento in terra battuta e meglio ancora se nella cantina si trovano botti di vino. Le esalazioni del vino sono un ottimo additivo che conferisce fragranza e sapore al Culatello. Una volta stagionato, dopo circa due anni, il Culatello si presenta a forma di pera con una parte più convessa, rispetto a quell’altra che ha una conformazione più concava. La parte convessa è protetta da uno strato sottile di grasso che contribuisce a mantenerlo più morbido. Per assaporarlo bisogna capirlo. Molti, per esempio, lo trovano troppo dolce e pretendono di condirlo con olio e pepe, come se fosse una bresaola. E’ peraltro impensabile portarlo fuori zona e tenervelo a lungo; perderebbe inevitabilmente tutte le peculiarità. Meglio sarebbe mangiarlo sul posto, ma se lo si deve consumare altrove, bisogna tagliarlo subito, perché il Culatello è uno dei salumi più sensibili che esistano: di qui anche la sua aristocraticità.

La prima citazione ufficiale del Culatello è in un documento del 1735, ma la tradizione vuole che già nel 1332 trionfasse alle nozze di Andrea dei conti Rossi e Giovanna dei conti Sanvitale.

La raccolta provinciale degli usi della C.C.I.A.A. di Parma, nella parte relativa alla classificazione dei salumi definisce così il culatello; “culatello detto Culatello di Zibello, ossia la parte muscolosa degli arti posteriori del suino, priva di cotenna e di osso e stagionata nelle zone rivierasche del Po e della Bassa Parmense”.

Come si prepara il Culatello per il taglio.

Spazzolare il culatello. Metterlo in ammollo in acqua fredda per 3/4 ore. Togliere le corde esterne, la pelle e quindi le corde interne.

Rifilare il grasso in eccesso, avvolgerlo in un canovaccio imbevuto di vino bianco e appoggiarlo dalla parte più secca in una teglia con un dito di vino bianco.

Lasciare ammorbidire per circa una settimana cambiando spesso il canovaccio. Affettare molto sottile. Conservare la parte non utilizzata al fresco, possibilmente non in frigorifero, avvolta in un canovaccio sempre imbevuto di vino bianco.

Disciplinare di produzione della Denominazione di Origine Protetta “Culatello di Zibello”

Disciplinare proposto dall’ASS.I.CA

(Iscrizione nel “Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette” ai sensi del Reg. CE n. 1263/96)

Art. 1

Denominazione

La denominazione di origine protetta “Culatello di Zibello” è riservata esclusivamente al prodotto di salumeria che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.

Art.2

Zona di produzione

Gli allevamenti dei suini destinati alla produzione del “Culatello di Zibello” devono essere situati nel territorio delle Regioni Lombardia ed Emilia Romagna.

I suini nati, allevati e macellati nelle suddette Regioni sono conformi alle prescrizioni già stabilite a livello nazionale per la materia prima dei prosciutti di Parma e San Daniele. Gli allevamenti devono infatti attenersi alle citate prescrizioni per quanto concerne razze, alimentazione e metodologia di allevamento.

I suini devono possedere le caratteristiche proprie del suino pesante italiano definite ai sensi del Reg. CEE n:3220784 concernente la classificazione commerciale delle carcasse suine.

Il macellatore è responsabile della corrispondenza qualitativa e dell’origine dei tagli. Il certificato del macello, che accompagna ciascuna partita di materia prima e ne attesta la provenienza e la tipologia, deve essere conservato dal produttore.

I relativi controlli vengono effettuati direttamente dalla Autorità di controllo indicata nel successivo art.7.

La zona di elaborazione del “Culatello di Zibello” comprende i seguenti comuni: Polesine Zibello, Busseto, Soragna, Roccabianca, San Secondo, Sissa e Colorno.

Art.3

Materie prime

Il “Culatello di Zibello” è un prodotto di salumeria costituito dalla parte anatomica del fascio di muscoli crurali posteriori ed interni della coscia del suino, opportunamente mondati in superficie e rifilati fino ad ottenere la classica forma a “pera”. Nella miscela di salagione sono presenti: sale, pepe intero e/o a pezzi ed essere impiegati vino bianco secco, nitrato di sodio e/o potassio alla dose massima di 195 p.p.m..

Art.4

Metodo di elaborazione

L’elaborazione deve avvenire nel territorio tradizionalmente vocato di cui all’art.2. Il regime climatico dell’area è determinante nella dinamica del ciclo produttivo. Dopo aver proceduto all’asportazione della cotenna e alla parziale sgrassatura superficiale della coscia, il fascio muscolare viene separato dalle restanti parti della coscia. Tale operazione viene eseguita con un taglio che, partendo da 4/6 cm. sopra l’articolazione femoro-tibio-rotulea e passando aderente al femore per tutta la sua lunghezza, giunge a tagliare la coscia sino alla sua base. Viene quindi asportato il femore e il grasso, avendo cura di lasciare in superficie uno strato adeguato ad evitare una brusca disidratazione delle carni. Alla fine dell’operazione la massa muscolare che si presenta con la caratteristica forma a “pera” può essere immediatamente o dopo opportuno condizionamento termico sottoposta alle successive operazioni.

La massa muscolare così ottenuta viene salata manualmente a secco. L’operazione di salagione ha una durata che va da uno a sei giorni. Per tale operazione è ammesso soltanto l’impiego di cloruro di sodio (sale da cucina), di nitrato di sodio nella dose max di cui all’art. 3, e pepe in grani spaccati. È pure consentito l’impiego di una concia composta da vino bianco secco e aglio pressato.

Successivamente la massa muscolare è posta in cella frigorifera ad una temperatura fra 0 e 5°C per il tempo sufficiente ad ottenere il necessario assorbimento di sale.

In seguito i culatelli sono posti in cella di riposo; il successivo insacco in budelli naturali e la legatura, possono essere effettuati durante o al termine della fase di riposo utilizzando vescica suina o peritoneo parietale e perirenale di suino. Le due operazioni consistono nell’avvolgere il “muscolo” nella vescica urinaria del maiale e nel legarlo con diversi giri di spago che, procedendo a spirale, vanno dalla base dell’apice, intersecandosi con altri giri di spago disposti in senso verticale.

La legatura o immagliatura del prodotto fresco deve essere ben stretta e serve per evitare che all’interno rimangano vuoti d’aria. Col procedere della stagionatura, a causa del calo che subisce la carne, l’immagliatura si presenta via via più allentata.

Successivamente, prima della fase di stagionatura, si procede alla sgocciolatura delle masse muscolari per circa una settimana ed all’asciugatura che può variare da 30 a 60 giorni in funzione delle condizioni climatiche.

Art. 5

Stagionatura

La fase di stagionatura deve essere condotta in locali ove sia assicurato un sufficiente ricambio dell’aria a temperatura compresa tra 13° e 17°C e non deve avere durata inferiore ai 10 mesi a partire dalla fase di salatura. Durante tale periodo è consentita la ventilazione, l’esposizione alla luce ed all’umidità naturale tenuto conto dei fattori climatici presenti nella zona tipica di produzione.

Art. 6

Caratteristiche

Al termine del periodo minimo di stagionatura il “Culatello di Zibello” deve presentare un peso compreso tra i 3 e 5 kg. e, all’atto dell’immissione al consumo, avere le seguenti caratteristiche organolettiche, chimiche e chimico-fisiche:

Caratteristiche organolettiche

– Aspetto esterno: caratteristica forma a pera con leggero strato di grasso nella parte convessa, imbrigliato in giri di spago tali da formare una sorta di rete a maglie larghe.

– Aspetto al taglio: la frazione muscolare si presenta dì colore rosso uniforme ed il grasso compreso fra i diversi fasci muscolari di color bianco.

– Odore: profumo intenso e caratteristico.

– Sapore: gusto tipico, dolce e delicato.

Art.7

Controlli

Fatte salve le competenze attribuite dalla legge al medico ufficiale (USL) dello stabilimento il quale ai sensi dei capitolo IV controllo della produzione” del D.Lgs. 30.12.1992 n.537, accerta e, mediante un’ispezione adeguata, controlla che i prodotti a base di carne rispondano ai criteri dì produzione stabiliti dal produttore e, in particolare, che la composizione corrisponda realmente alle diciture della etichetta, essendogli attribuita tale funzione specialmente nel caso in cui sia usata la denominazione commerciale di cui al capitolo V, punto 4 del sopracitato decreto legislativo (“la denominazione commerciale seguita dal riferimento alla norma o legislazione nazionale che l’autorizza”) la vigilanza per l’applicazione delle disposizioni del presente disciplinare dì produzione è svolta dal Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali, il quale può avvalersi, ai fini della vigilanza sulla produzione e sul commercio del “Culatello di Zibello” dì un Consorzio tra i produttori o dì un Organismo a tal fine costituito dai produttori, conformemente a quanto stabilito dall’art.10 del Regolamento CEE di riferimento.

Art.8

Designazione e presentazione

La designazione della denominazione di origine controllata “Culatello di Zibello” deve essere fatta in caratteri chiari ed indelebili, nettamente distinguibili da ogni altra scritta che compare in etichetta ed essere immediatamente seguita dalla menzione “Denominazione dì Origine Controllata”.

Tali diciture possono essere abbinate all’eventuale logo della denominazione.

È vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione non espressamente prevista.

È tuttavia consentito l’utilizzo dì indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o marchi privati purché non abbiano significato laudativo o tali da trarre in inganno l’acquirente, nonché l’eventuale nome di aziende suinicole da cui allevamenti il prodotto deriva.

Certi ristoranti si ostinano a cucinare il Culatello e il nome viene piuttosto abusato sui menù

La nostra filosofia è sempre stata contraria a mettere il Culatello come condimento a primi piatti o ad usarlo come ingrediente per antipasti new age.

Solo una volta abbiamo ceduto a inserire il Culatello in un risotto perché doveva essere proposto nella rubrica del tg5, Gusto.

Il risultato è stato gradito, lo abbiamo addirittura chiamato risotto Leon d’Oro, ma lo proponiamo solo in occasioni davvero speciali.

I commenti sono chiusi.