Del maiale non si butta via niente

Del maiale non di butta via niente

Molto spesso il termine maiale è usato come dispregiativo piuttosto pesante. Da noi, qua nella Bassa Parmense, il maiale è il “nimàl” e gli si rendono tutti gli onori.

La saggezza contadina, secoli e secoli di esperienza e di necessità, hanno aguzzato l’ingegno. Il maiale si macella in inverno, col freddo che ti fa venire i geloni alle punta delle dita, con la campagna bianca di brina, ma il suo ricordo ci accompagna per tutto l’anno. L’utilizzo delle carni di maiale è studiato anche nei più minimi particolari così da avere pietanze pronte subito al consumo e altre, che verranno gustate col passare dei mesi.

Alla fine della giornata della macellazione ci sarà si e no un secchio di rifiuti.

In cucina, nella dispensa e in cantina

Torta di sangue o la turta ‘d sanguv: si prepara con soffritto di cipolla e strutto a cui si aggiunge il sangue fresco passato al setaccio con un po’ di pan grattato e formaggio.

Ciccioli o li grépli dastachi: ritagli del grasso fatti cuocere per almeno quattro ore e poi scolati, pressati e salati.

Strutto o al dulégh: si ricava dalla cottura delle parti di grasso utilizzate per i ciccioli. Viene utilizzato al posto dell’olio per friggere e nella preparazione di pane e dolci.

Sopressata o li grépli tachi: si ottiene con parte dei ciccioli e dalla testa lessata e disossata, il tutto sminuzzato, condito con spezie, vino e aglio, racchiuso in una pezza di canapa e poi pressato. Affettata è ottima con la polenta.

Ossa o i’os: si usano le ossa più grosse facendole lessare. Si mangia, con un pizzico di sale, quel poco di carne sfuggito al coltello del norcino.

Costine o li custèni: tranci di costole del maiale ottime lessate, arrosto e stufate.

Piedini o i gambàtt: i piedini sono ottimi lessati oppure in umido.

Cotiche o cotghi: pelle del maiale (schiena e pancia) senza le setole, viene cucinata in umido coi fagioli.

Polmone o la curada: lessato, sminuzzato è un ottimo ingrediente per un ragù per condire il risotto.

Rognoni o i rugnon: ottimi trifolati.

Fegato o fedàg: ottimo cucinato con le cipolle o con la sua speciale ragnatela (rantela) di grasso.

Lingua e cuore o lengua e còr: si gustano in umido o trifolati.

Cappello del prete o al prét: muscolo della spalla racchiuso nella cotenna, stagionato per almeno venti giorni, va lessato e consumato tagliato sottile.

Lardo o al gràss: parte di grasso con la cotenna salata, stagionata almeno due mesi e utilizzata per ammorbidire la carne arrosto, per ricavare il gras pist (lardo pestato con le verdure), oppure da gustare affettato sottilemente (vedi lardo di Colonnata o di Arnad)

Coppa o la copa: muscolo della parte alta della schiena che viene salato e insaccato. Stagionato per almeno sei mesi è ottima tagliata col coltello.

Spalla o la spàla: si ottiene insaccando il muscolo della spalla salata a dovere. Si stagiona per almeno un anno.

Pancetta arrotolata o la pansàta: si ottiene dalla pancia, viene salata con la cotenna, arrotolata e pressata. E’ pronta per essere consumata dopo almeno un anno di stagionatura.

Gola arrotolata o la gula: è la parte di lardo che costituisce la gola. Salata, arrotolata e stagionata, è ottima sia per gli arrosti che affettata.

Culatello o al culatéll: gluteo privato dell’osso, salato e insaccato nella vescica. Stagionato per almeno due anni in cantine umide (solo nel clima che caratterizza la zona rivierasca di Zibello). E’ il re degli affettati.

Fiocchetto o al fiucàtt: si ottiene dal muscolo della gamba posteriore. Viene salato, insaccato, stagionato per circa un anno e consumato affettato.

Salame o al salàm: si ottiene dalle parti magre che avanzano dopo aver tolto le immagliature (culatelli, coppe, spalle, fiocchetti) con aggiunta di una percentuale di grasso che varia in base ai gusti. Il tutto viene tritato, condito con sale, pepe, aglio e vino rosso e insaccato nei vari pezzi di budello in base al quale il salame prende il nome. Nel budello più sottile si insacca lo strolghino (al strulghén) destinato ad un consumo in tempi brevi (quindici, venti giorni di stagionatura), nel budello medio si insaccano i salami da consumare dopo almeno tre mesi, nella parte più spessa del budello retto si insaccano i gentili (al gentìl) più lunghi e di circonferenza maggiore rispetto a quelli normali, quindi adatti ad una lunga stagionatura.

Cotechino o al cudghèn: si ottiene dalle parti muscolose con più nervi che si sono accantonate dopo la cernita del salame con aggiunta di grasso e cotenne. Tritato, condito con sale e spezie, viene insaccato o in budelli sottili (cudghèn da filsa) oppure in budelli più spessi e larghi (cudghèn mariulà). Si consuma lessato dopo una stagionatura che può durare da pochi giorni a due o tre mesi.

Mariòla: impasto da cotechino insaccato in uno speciale budello con molte arricciature e di notevole diametro. Come variante la mariola si può riempire anche di pasta di salame, ma comporta una difficile stagionatura.

In passato non si buttavano nemmeno le setole più grosse che servivano per fare pennelli e le unghie servivano per ricavare dei pettini.

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