Il Ristorante

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La cucina del Leon d’Oro è nata soprattutto dai racconti davanti alla stufa di mia bisnonna Pierina, “la nonna vecchia”, dai frutti della nostra terra, dall’arte di arrangiarsi e dalla fantasia di mescolare tutti questi ingredienti nel paiolo.
Protagonisti principali delle tavole della Bassa sono prodotti semplici: il latte ed i suoi figli, il pomodoro, il mais, la cipolla (il tartufo dei poveri) e gli odori, che vanno ad accompagnare le carni del manzo, del maiale (re incontrastato del focolare), degli animali da cortile e di ciò che l’ingegno riesce a portare in dispensa (lumache, rane, pesci d’acqua dolce).
Il mangiare più gustoso? Una bella frittata coi bavaroni (più bavaroni che frittata), le uova sode coi radicchietti di campo, qualche fetta di polenta fritta nello strutto, un piatto d’anolini con tanto parmigiano che galleggiano in un sontuoso brodo in terza, due fette di stracotto con tanto poccio… Il tutto messo insieme del mestiere di conservare per l’inverno, momento in cui la natura è meno prodiga di doni succulenti.
Sto parlando di una cucina che ha fatto dell’arte di arrangiarsi la propria forza. Basti pensare a come viene improntata la macellazione del maiale: così da avere prodotti da consumare durante tutto l’arco dell’anno.
Del maiale non si butta via niente? Ma nemmeno della cipolla (deliziose le borettane in agrodolce), delle prugne (la marmellata brusca servirà a rimpinzare i tortelli di carnevale), del Parmigiano-Reggiano (i ritagli freschi diventano Tosone, stagionato va bene per pasteggiare e per farcire la sfoglia, le croste vanno a finire nel brodo).
Durante l’anno poi non bisogna lasciarsi sfuggire effimeri ospiti in cucina: la zucca, i chiodini, le castagne e le mele cotogne in autunno, la verza in inverno, gli asparagi in primavera, le noci e i bargnolini d’estate, ecc ecc…
Scrive il Molossi: ” La cucina parmigiana è figlia del burro e del formaggio: e indi, a prima vista, potrebbe apparire una cucina grassa. E, invece, il burro e il formaggio le danno lustro, tono e gusto; ma non la condizionano, e si sposano soavemente con gli altri ingredienti. Cosicché, ne vien fuori una cucina sostanziosa e sapida, ma non pesante; aliena da certe raffinatezze, o sofisticherie, o complicazioni; dove insomma l’arte culinaria non ha sopraffatto ma seguito la natura, secondandone l’istinto e gli umori; e dove i cibi hanno conservato le proprie qualità naturali.”
E’ per questo che gli anolini stanno bene nel loro brodo (e il lesso è meglio buttarlo via visto che la carne è stata messa su a freddo), i tortelli col burro e non in rosso, lo stracotto con la polenta, le paste asciutte con tanto parmigiano e senza peperoncino…
A buon intenditor…

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